Il fintech in Italia. Dati e proposte del Report 2025

14/05/2025
UPDATE DI SETTORE

ItaliaFintech ha redatto insieme ad InnovUp un documento congiunto per affrontare le principali criticità normative e operative che riguardano il settore del crowdfunding in Italia. Il lavoro rappresenta il risultato di un dialogo attivo tra le due associazioni e alcuni dei principali operatori del settore.

Nonostante i segnali di crescita, il fintech in Italia resta ancora distante dai livelli raggiunti dai principali Paesi europei. Secondo il report 2025 “Il fintech in Italia e in Europa: contesti e regole diverse. Come attrarre più investitori e sostenere aziende di successo”, presentato il 2 aprile da ItaliaFintech in collaborazione con l’Osservatorio Fintech & Insurtech del Politecnico di Milano, solo l’8% delle startup del settore ha sede in Italia - una percentuale pari a quella della Spagna - mentre la Francia ne ospita il 17% e il Regno Unito addirittura il 67%, a conferma di un mercato molto più maturo.

Il report analizza il settore fintech in Italia, Spagna, Francia e Regno Unito, mettendo in luce le difficoltà italiane a tenere il passo con gli altri ecosistemi, nonostante un certo fermento e la nascita di nuove realtà.

L’ostacolo principale: l’accesso ai capitali

Uno dei nodi più critici individuati è quello dell’accesso ai finanziamenti. In Italia, il finanziamento medio per startup è di 12,5 milioni di euro, cifra simile a quella francese, ma fortemente distorta da pochi maxi round. Se si escludono questi ultimi, la media effettiva scende a 4,7 milioni, ben al di sotto della media europea. Inoltre, quasi la metà dei round (47%) non supera il milione di euro, a differenza di mercati più maturi come Regno Unito e Francia, dove i capitali tendono a concentrarsi su operazioni più consistenti, favorendo la crescita delle imprese più promettenti.

Secondo ItaliaFintech, è essenziale semplificare e supportare la creazione di nuove imprese innovative, in linea con quanto auspicato anche dal Rapporto Draghi, che sottolinea la necessità di rafforzare la competitività italiana nel digitale.

Un settore tra due sfide: startup e banche

“Il fintech oggi vive una doppia dimensione”, afferma Laura Grassi, direttrice dell’Osservatorio del Politecnico. “Da un lato, le startup stanno affrontando una fase di contrazione dopo dieci anni di crescita rapida: dal 2021 si registra un calo nella nascita di nuove imprese, con il 2024 che segna il punto più basso degli ultimi anni. Questo vale per l’Italia ma anche per gli altri Paesi europei. In questo contesto, la sfida è riuscire a scalare, in un momento in cui gli investitori sono diventati più selettivi e orientati alla sostenibilità economica del progetto. Dall’altro lato ci sono le banche, che, forti di alti margini, sentono meno il bisogno di innovare. Tuttavia, chiudersi all’open finance è un errore strategico: concentrarsi solo sui rischi dell’innovazione impedisce di vedere che il vero pericolo è lasciare spazio a chi già sa come sfruttare i dati. FIDA, la proposta di regolamento europeo sull’accesso ai dati finanziari, è un’opportunità chiave per rafforzare la competitività dell’Europa e offrire vantaggi concreti a operatori e consumatori, garantendo al contempo la sicurezza dei dati. Ma stiamo facendo passi indietro, rischiando di compromettere il futuro dell’innovazione finanziaria. Dobbiamo interrogarci su cosa significhi davvero essere competitivi in un’era dominata dalla centralità del dato”.

Costituire una startup in Italia è ancora complicato

Nonostante i recenti miglioramenti, creare una startup in Italia rimane un processo complesso e costoso. ItaliaFintech propone di completare la digitalizzazione del processo di costituzione, sfruttando il sistema camerale, e di aggiornare la normativa sulle startup innovative, introducendo strumenti più flessibili che si adattino alle diverse fasi di crescita. Un’azione di questo tipo – si legge nel report – aiuterebbe a semplificare gli obblighi burocratici, favorire il passaggio alle PMI innovative e includere competenze anche non accademiche, rendendo l’ecosistema più competitivo e allineato agli standard europei.

Le proposte per il futuro del fintech italiano

Il report propone una serie di interventi normativi: attuazione piena e ordinata del regolamento europeo sui cripto-asset (MiCAR), semplificazione e armonizzazione delle norme sul crowdfunding, promozione dell’open finance attraverso l’implementazione dell’open banking, e maggiore proporzionalità nella normativa antiriciclaggio. Sul piano fiscale, si sottolinea la necessità di un quadro stabile e competitivo, senza continui cambiamenti normativi che potrebbero frenare l’innovazione.

Centrale è anche il tema dell’accesso ai capitali: serve un rafforzamento delle politiche pubbliche per facilitare la scalabilità delle startup italiane. Modelli internazionali hanno dimostrato che strumenti come le sandbox regolatorie e il dialogo con le autorità di vigilanza possono fare una grande differenza.

Il decalogo di ItaliaFintech

“Abbiamo elaborato un decalogo di proposte concrete – spiega Michelangelo Bottesini, presidente di ItaliaFintech – per rendere l’Italia un terreno fertile per il fintech e la cultura digitale. Un punto cruciale è la costituzione delle startup, che nel nostro Paese è ancora troppo complessa, costosa e lenta. Dobbiamo promuovere la digitalizzazione dei processi societari, sfruttando strumenti come l’identità digitale, e rendere meno burocratici i percorsi per le startup innovative. In molti Paesi europei, come Francia, Spagna o Estonia, aprire una startup online è semplice e veloce. Paradossalmente, oggi per un italiano è più facile avviare una società online all’estero che in patria. È urgente un approccio più flessibile al regime delle startup innovative, con meno vincoli, incentivi progressivi e criteri che valorizzino anche le competenze non accademiche. Solo così potremo costruire un ecosistema fintech moderno, competitivo e attrattivo a livello internazionale”.



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