Crowdfunding, i ritardi dell’Italia sul mercato europeo

07/12/2022
APPROFONDIMENTI

Secondo i dati dell’Osservatorio sul Crowdfunding del Politecnico di Milano, il mercato italiano vale circa 430 milioni di euro, e quest’anno ha registrato una crescita del 27% nella raccolta di capitali rispetto al 2021. Peccato, quindi che l’Italia stia mettendo a rischio tutto il comparto a causa dell’eccesiva lentezza che purtroppo spesso è tipica dei nostri organi governativi.

Da novembre 2021 a oggi, infatti, il nostro Paese non è stato in grado di dare piena attuazione al nuovo regolamento europeo sugli European Crowdfunding Service Providers, in pratica il set di nuove regole che ha creato il mercato unico europeo e che riguarda sia l’equity crowdfunding che il lending.

La mancata adozione di un decreto legislativo di attuazione impedisce, di fatto, la possibilità per Consob e Banca d’Italia di ricevere istanze formali per il rilascio dell’autorizzazione ad operare come fornitore di servizi di crowdfunding ai sensi del Regolamento ECSP e dei relativi Regolamenti Delegati, andando ad impedire di conseguenza anche il processo di valutazione delle nuove piattaforme.

Ultima chance?

Con una comunicazione congiunta del 21 ottobre, Banca d’Italia e la Consob si sono rese disponibili a intrattenere discussioni informali per orientare gli operatori interessati alla futura presentazione delle domande di autorizzazione, fornendo anche chiarimenti sugli elementi informativi e documentali da allegare alle istanze.

L’estensione del regime transitorio per il crowdfunding fino al 2023 è stata salutata con favore dagli operatori del settore che a più riprese avevano sottolineato negli scorsi mesi come il clima di incertezza normativa stesse penalizzando oltremodo le piattaforme nazionali rispetto ai concorrenti aventi sede in altri Stati Membri che, a differenza dell’Italia, avevano già dato attuazione alle disposizioni del Regolamento ECSP.

Se l’estensione del regime transitorio permette agli operatori di tirare un momentaneo sospiro di sollievo, non deve diventare un alibi per rinviare un salto di qualità e di competenze nelle procedure di un settore che, a livello europeo, è chiamato a una prova di maturità. Anche perché i tempi per dotare le piattaforme esistenti dei processi e delle competenze necessarie al rispetto del regolamento europeo sul crowdfunding non saranno brevi, soprattutto nel caso delle realtà più piccole.

Cosa potrebbe (o dovrebbe) succedere

Quello che il nostro Paese dovrebbe fare e non sta facendo è, quindi, nominare al più presto un ente regolatore nazionale, un’authority che sia in grado di assegnare le autorizzazioni europee alle piattaforme italiane già esistenti o a quelle che nasceranno in futuro in modo che possano operare in tutta la UE.

L’introduzione di una disciplina comprensiva per il crowdfunding avrà probabilmente l’effetto di favorire l’ingresso nel mercato nazionale di operatori più strutturati in grado, tramite piattaforme multi-servizi, di offrire servizi sia di lending che di equity crowdfunding.

Inoltre, l’esigenza di creare sistemi di controllo in grado di supportare le nuove attività di selezione degli investimenti (i.e. due diligence e valutazione dei rischi) e di verifica della loro appropriatezza rispetto al profilo dei potenziali investitori (svolgimenti dei test di verifica) rivestirà un ruolo sempre più centrale. Sarà quindi importante sviluppare sistemi informativi e piattaforme in grado di assicurare il puntuale rispetto dei rigorosi requisiti informativi e di trasparenza introdotti dal Regolamento ECSP.

Per le piattaforme che a oggi risultano scarsamente o per nulla attive diventerà piú complicato rimanere sul mercato. Si potrebbe assistere ad una fase di M&A tra piattaforme, che porterà alla creazione di realtà italiane più forti e capaci di reggere la concorrenza di quelle estere, in Italia come nel resto dell’Unione.

In ballo c’è anche la possibilità di collaborare in modo più replicabile e scalabile, in primis con la Banca Europea degli Investimenti, proprio per l’esistenza di regole condivisione a livello europeo.

Se dunque il nuovo Regolamento ECSP si muove in linea con quelli che sono i principi ormai conclamati della Capital Market Union mirando a creare un mercato finanziario comunitario unico del crowdfunding, con ciò riconoscendo implicitamente il valore e la funzione che il crowdfunding nelle sue diverse declinazioni è destinato a rivestire, altrettanto vero è che le piattaforme dovranno necessariamente diventare più efficienti e redditizie, pena una perdita insostenibile di competitività.



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